Con il commento di Śaṅkara
La Chandogya è una delle Upanisad più antiche e fa parte del Sama Veda, il Veda dei "canti" (saman). La sua stesura viene datata tra l'VIII e il VI secolo a. C. e deve il suo nome al chandoga, il cantore che intonava gli inni sacri (chandas) o le melodie del Sama durante le cerimonie sacrificali. Essa si compone di otto Capitoli (adhyaya), o Letture (prapathaka) che possono essere considerati quali concisi manuali di meditazione; i Capitoli sono suddivisi in sezioni (khanda) contenenti una quantità variabile di strofe (sloka) prevalentemente in prosa, per un totale di poco più di seicento. Questa Upanisad è fondamentale per la dottrina advaita, contenendo numerosi passi importanti e alcuni tra i più noti mahavakya o "grandi sentenze", come per esempio il celebre: "Tu sei Quello" (tattvamasi) L'importanza di questa Upanisad è sottolineata dal fatto che diversi aforismi dello stesso Brahamasutra si basano sui suoi passi. Rari sono invece nella Chandogya i riferimenti ad altre Upanisad. Le Upanisad racchiudono specificamente la conoscenza (jnana) ma, non potendo essere considerate alla stregua di semplici sviluppi di una tesi speculativa, spesso contengono anche altri elementi: così alcune, come la Brhadaranyaka e la stessa Chandogya presentano un duplice aspetto: l'azione rituale e la conoscenza metafisica. Nelle sue introduzioni a tali testi Sankara pur stabilendo la loro reciproca esclusione e la imprescindibilità della conoscenza nella realizzazione del Brahman, mostra che anche il contenuto ritualistico, preso nelle sue componenti simboliche, può costituire un valido strumento qualora considerato sotto l'ottica della conoscenza.