La cristianizzazione della Toscana non avvenne in maniera omogenea e, soprattutto, non avvenne in maniera pacifica e incruenta. AI contrario, sono propri di quel periodo episodi leggendari che narrano come i primi seguaci della nuova religione abbiano avuto una esistenza travagliata, risoltasi quasi sempre con il martirio.
Con la costituzione dei feudi di epoca carolingia, molti vescovi ottennero l'incarico non solo di amministrare spiritualmente le popolazioni, ma anche quello di governare politicamente le città, i borghi e i castelli che per volontà imperiale ricadevano sotto la loro giurisdizione.
Se questo ordinamento assicurava una maggiore stabilità all'impero, fu contemporaneamente causa di uno scadimento morale della Chiesa: spesso il vescovo veniva eletto non dal clero ma direttamente dall'imperatore e non per meriti ecclesiastici bensì per le sue qualità politiche o disponibilità economiche.
E il vescovo-conte, per mantenere inalterati i propri benefici, non esitava ad abbandonare il pastorale per impugnare la spada.
Con la nascita del Comune il vescovo fu costretto a cedere progressivamente le sue prerogative materiali sul territorio, ma non lo fece senza combattere: non solo con la spada, ma anche con le armi della scomunica, dell'anatema, dell'interdetto.
Sono questi i temi principali che costituiscono il filo conduttore degli episodi narrati in questo libro: è la cronaca, esposta in forma divulgativa, di alcune controversie che talvolta hanno caratterizzato i rapporti non sempre felici fra Chiesa e mondo laico.