Commento dell'editore:
Un viaggio tra fede e razionalità, tra trattati di medicina e perquisizioni della storia. Perché, come diceva Indro Montanelli, «in America Latina e in Italia, le storie migliori sono sepolte insieme alla verità».
A Cartagena de Indias come a Serracapriola, da uno dei più grandi Nobel di tutti i tempi all'équipe di un Istituto di medicina legale. Unite da uno stesso curioso destino, che si gioca su due tavoli cronologicamente distanti, uno nel 1948 l'altro nell'estate del 2010, Cartagena e Serracapriola diventano improvvisamente location della stessa straordinaria sceneggiatura: recuperare notizie sulla vita attraverso la certezza della morte. L'esordio narrativo - sebbene gli strumenti di scrittura utilizzati lascino supporre, fosse solo per affinità geografiche, una forte influenza di Leonardo Sciascia e del suo magistrale Porte aperte - di un medico legale che risale le cause di un decesso per arrivare alle sembianze della vita. Fortunato, un giovane tra i 20 e i 40 anni, alto non oltre 1,60 e coraggioso al punto da farsi uccidere per difendere la propria fede Cristiana: ecco come Serracapriola ha appreso chi era l'uomo custodito dentro l'urna della chiesa di Santa Maria in Silvis. Chi era Fortunato, Santo e Martire del 236 d.C.? Tra scienza e suggestione, il racconto dell'estate in cui il Santo dei Serrani ha ritrovato volto, storia e identità.