Commento dell'editore:
Lo scozzese Giovanni Duns Scoto (1265-1308), contemporaneo di Dante Alighieri, figura tra i più conosciuti pensatori del medioevo. Divenuto francescano, si formò a Oxford e a Parigi e vi insegnò la teologia commentando ripetutamente il libro delle Sentenze del Lombardo. Operò un trentennio dopo la morte di Tommaso d'Aquino, risentendo del clima profondamente mutato a partire dalle condanne parigine e oxoniensi del 1277. Pensatore difficile, che meritò di essere chiamato il Dottor Sottile. Dopo un periodo di incertezze, il suo credito crebbe presso i teologi dell'ordine di san Francesco, dando origine, al pari di san Tommaso, a una vera e propria scuola scotista che attraversò i secoli.
Etienne Gilson (1884-1978), il grande storico della filosofia medievale, non poté non incontrarlo di continuo nel corso della sua longeva vita di studi, ma il suo interesse si concretizzò in una monografia tutta dedicatagli solo molto tardi. Ma essa non è tuttavia solo il confluire degli sforzi di quasi un quarantennio di dedizione di Gilson al Dottor Sottile. Gilson confessa che questi sforzi in realtà non fu possibile fonderli insieme, anzi gli insegnarono come fossero possibili libri differenti su Duns Scoto. Sicuramente le letture che il celebre storico ne aveva fatto nel corso degli anni non corrispondevano a quella degli «scotisti», da cui non manca di prendere le distanze e di farle prendere alla sua considerazione di Scoto. Il suo Duns Scoto allora tenta «il solo punto di vista che potevamo ancora tentare»: «l'assenza di ogni punto di vista». Nel tentativo di superare i preconcetti, propri e altrui, lo storico si fa lettore che riflette principalmente sui Commenti di Duns Scoto a Pier Lombardo, «senza altra preoccupazione se non quella di comprendere», rileggendolo «penna alla mano». Non c'è la preoccupazione di una lettura sistematica, per il semplice fatto che egli non trova nelle pagine di Scoto un «sistema» (come avevano ad esempio provato i suoi libri su Tommaso e Bona-ventura); Gilson si accontenta di osservare Scoto all'opera, domandandosi «che cosa facesse e, con un'ambizione più segreta ma qui realmente ori-ginaria, cercando di sapere chi egli fosse». Questo libro pertanto è ascolto prolungato, per lettori pazienti.
L'attenzione di Gilson è a cogliere il senso dei princìpi di cui si avvale Duns Scoto solo mediante l'impiego che egli ne fa, senza tirarne conseguenze, che egli non ha tirato, a nome suo. Quindi il tentativo è di restituire lo Scoto della storia, ossia dei testi, oltre lo schermo dello scotismo.