Commento dell'editore:
I "figli delle steppe" che cambiarono la storia.
Non erano solo guerrieri: finalmente un quadro complessivo che supera i pregiudizi e rende giustizia agli eredi di Gengis Khan.
Chi erano davvero i nomadi che otto secoli fa costruirono il più grande impero che la storia abbia mai conosciuto, esteso dalla Cina all´Europa orientale? Tutti ricordano le leggendarie imprese di Gengis Khan, gli splendori della corte di Kublai Khan descritta da Marco Polo, l´irresistibile avanzata di Tamerlano. Ciò nonostante, gli storici hanno spesso considerato l´impero mongolo come una delle tanti fasi di aggregazione e frammentazione del composito scacchiere euroasiatico, evidenziandone la durata relativamente limitata (tre secoli), quasi che dei "barbari" potessero dar vita solo a un effimero agglomerato basato sulla forza bruta. La prospettiva di questo saggio è diversa: superando pregiudizi radicati, non si limita alla ricostruzione delle conquiste e delle imprese militari, ma mette in risalto gli aspetti sociali, economici e culturali della civiltà mongola, la cui ascesa cambiò radicalmente le sorti di due continenti.
I mongoli e la pittura medievale
Uno dei più antichi e fedeli ritratti di un mongolo nell´arte europea si trova nella Crocifissione del convento di Subiaco, dove si ritirò agli inizi del Trecento il francescano Angelo Clareno, missionario in Asia minore: il mongolo viene raffigurato nell´atto di giocare ai dadi le vesti di Cristo con altri personaggi enigmatici. Un´iconografia che si diffonde rapidamente nella pittura italiana, da Ambrogio Lorenzetti a Pisanello.