Catalogo della mostra (Parma, Salone delle Scuderie in Pilotta, 9 aprile – 16 luglio 2006)
Commento dell'editore:
L’immagine, al tempo della lotta per le investiture, a cavallo fra l’XI e il XII secolo, costruita, scolpita o dipinta che sia, propone una visione politica? In tempi in cui i pontefici e gli imperatori si scambiano libelli densi di terribili accuse, in tempi peraltro in cui quasi nessuno sa leggere, l’immagine ha avuto una funzione precisa, quella di persuadere i fedeli, di dimostrare le colpe di chi si schiera con l’Impero, o, viceversa, favorisce la Chiesa di Roma. Certo, dopo oltre due generazioni di lotta, Roma trionfa e l’Impero, con il Concordato di Worms, attribuisce al papa le investiture ecclesiastiche, la nomina dei vescovi. Dagli inizi del XII secolo intanto la Chiesa ridisegna, al settentrione italiano, il sistema delle immagini dipinte, scolpite, a mosaico, miniate – anche nei luoghi che avevano favorito la parte imperiale – con un grandioso, quasi contemporaneo impegno progettuale.
Il libro, con il contributo di studiosi italiani e stranieri, ricostruisce questa storia cominciando dalle officine della Riforma, da quella di Wiligelmo a quella di Niccolò, attive dal 1090 circa al 1140 circa, la prima da Nonantola e dal Polirone a Modena e a Cremona; la seconda da Piacenza a Verona e a Ferrara. Ma, nello stesso tempo, vi sono officine che costruiscono racconti per immagini spesso molto diversi, e sono quelle di tante città della Lombardia, da Milano con i cantieri di Sant’Ambrogio, di San Celso, di Sant’Eustorgio; a Pavia con quelli delle due cattedrali, di San Pietro in Ciel d’Oro e di San Michele; e infine a Como, con Sant’Abbondio e San Fedele.
In oltre novecento immagini in bianco e nero e a colori si sviluppa questa indagine sui diversi cantieri e la loro complessa storia, gli scambi, le trasformazioni significative dei loro arredi interni o delle sculture all’esterno, perché sono sempre le immagini che devono ammaestrare i fedeli. Alla fine la Chiesa imporrà una unità nuova, quella che è alla base dei cicli narrativi scolpiti sui timpani e nei capitelli delle cattedrali dell’intero Occidente romanico.