Un giovane principe e un vecchio abate leggono il "Cantico dei Cantici" e sognano le dolci terre del Libano. Il giovane principe diventa l'imperatore Enrico IV: deve sposare una donna che non conosce e non amerà mai, deve umiliarsi di fronte a papa Gregorio VII, deve vivere nel sospetto e nell'ipocrisia della sua corte, deve crescere nella violenza quando vorrebbe vivere nell'amore e nell'innocenza. Il suo unico amore dura solo tre giorni, e anche quello si svelerà falso infido.
Come si svolse la penitenza pubblica di Enrico IV a Canossa? Tre giorni e tre notti nel cortile del castello della marchesa Matilde. Tre giorni e tre notti nel cortile del castello della marchesa Matilde, vestito solo di un saio, senza scarpe, pane e acqua una volta al giorno. Questo è quanto si sa. Ma Laura Mancinelli ci racconta la storia in maniera un po' diversa. Se di notte, dopo che papa Gregorio VII si ritirava nelle sue stanze, due uomini di Matilde venivano a prelevare Enrico e lo conducevano segretamente in cucina a rifocillarsi con ogni ben di Dio… E se la stessa Matilde lo consolava ospitandolo nella propria camera da letto fino all'alba… Su questa suggestiva variante romanzesca si snoda il nuovo breve romanzo di Laura Mancinelli, con il quale la scrittrice torna, dopo una lunga pausa, a raccontare storie ambientate nell'amato Medioevo. Il risultato è un racconto pieno di malinconia e di solitudine: il destino di Enrico IV è quello di vivere l'unico amore vero della sua vita proprio, paradossalmente, nei giorni della sua piú cocente umiliazione pubblica. Poi verrà la vendetta politica e militare, il suo trionfo sui principi tedeschi che lo hanno tradito e sul suo nemico storico, Gregorio VII. Ma verrà anche l'amarezza di non avere vissuto la vita che desiderava, di piangere morti tutti i i compagni piú fedeli e di scoprire proprio Matilde sposa al duca Guelfo di Baviera, il suo piú pericoloso rivale. Nonostante la sua immensa potenza, tutti, a partire da Matilde, hanno giocato con lui come il gatto col topo e il suo sogno di felicità rimane lontano e impalpabile, come il mitico Libano del Cantico dei Cantici che il vecchio e amato Williram gli traduceva da ragazzo.