Commento dell'editore:
Anche nel Medioevo troviamo donne disposte a vendere il proprio corpo «pro pretio, lucro et questu»: condannata e ritenuta una vergogna, la prostituzione era però considerata ineliminabile e persino necessaria. Giustificabile, perché salvava da mali peggiori come la corruzione delle vergini e delle spose e «l'abominevole vizio della sodomia». Ma qual era la posizione della Chiesa e dei pubblici poteri nel regolare questo fenomeno divenuto assai rilevante? Nel Trecento, infatti, si assiste ovunque in Europa al proliferare dei postriboli, a volte quasi piccole fortezze del piacere, a volte strade o quartieri riservati, e la vita delle donne pubbliche – forestiere o straniere, spesso sopraffatte dai debiti – dentro e fuori fu sottoposta a rigide norme. «Idio sempre schifa i maggiori mali, e d'ogne male ch'egli sostiene sempre trae un maggior bene… Or non vedi che ssi sostengono le meretrici nelle cittadi? Questo è un grande male, e se si sottraesse, sì ssi sottrarrebbe un grande bene, però che ssi farebbero più adulterii, più soddomie, che sarebbe molto peggio» Giordano da Pisa
Indice:
Premessa
I. Le parole per dirlo
1. «Vivere del proprio corpo disonestamente»
2. L'opinione della Chiesa
3. L'utopia: leggi e poteri pubblici
II. La realtà
1. Donne segrete e donne pubbliche
2. Individuare una donna pubblica
3. I segni della disuguaglianza
4. Donne pubbliche e pubblici ufficiali
III. I luoghi e le regole
1. Loca inhonesta
2. Una vita disciplinata
IV. L'attività
1. Il lavoro, le persone, i debiti
2. Segnate per sempre
Pentirsi