Ode composta da Zenone da Pistoia in morte di Francesco Petrarca.
Scritta nel 1374, nei mesi immediatamente
a ridosso della morte del poeta, si configura come un poemetto allegorigo di tredici canti in terzine dantesche, per un totale di 1969 versi. Se la "Commedia", anche per l'espediente della 'visione', è per l'autore il punto di riferimento più stabile, non mancano richiami all'"Amorosa visione" del Boccaccio e ai "Triumphi".
L'autore immagina che una donna apparsagli in sogno lo conduca in un giardino, dove sono a concilio gli dei. Qui il Mondo lamenta la morte degli uomini migliori, tra cui Petrarca. Sopraggiunge in gramaglie Firenze, pronta anche lei a piangere e a lodare il poeta aretino, del quale poi le sette Arti liberali e le nove Muse presentano le opere compiute e incompiute. Arriva infine, accompagnato da filosofi e poeti, Petrarca stesso e si ripete l'incoronazione avvenuta in Campidoglio, con ghirlande di palma, olivo e alloro. Francesco Petrarca ascende in cielo scortato dagli angeli, mentre il planctus si conclude esaltando - per l'ospitalità data a Petrarca dai Carraresi - Francesco da Carrara, a cui il poemetto è dedicato e che ne fu pure il probabile committente.