Seconda di copertina:
«Accadde in quel momento. Senza una ragione plausibile, un distaccamento di arcieri isauri al comando di un certo Bacurio, si lanciò al galoppo contro la fanteria gota. Dalle falangi schierate sul declivio si alzò allora un grido, tanto possente che parve squarciare il cielo. Centinaia di barbari scattarono in avanti, mentre tutto il resto dello schieramento ondeggiava come un mare in tempesta. Ormai non era più possibile arrestare le truppe in movimento. La battaglia iniziava dunque nel peggiore dei modi, nella più totale confusione»
9 agosto 378. Dopo quasi due anni di guerra e di devastazioni, Goti e Romani sono giunti al confronto decisivo. Nell'assolata piana di Adrianopoli, capitale della Tracia, i due eserciti si fronteggiano, disponendosi a una battaglia che i loro capi, consapevoli della posta in gioco e riluttanti a dare il via alla strage, vorrebbero ancora evitare. Ma basta un niente, uno squillo di trombe, un fraintendimento, per vanificare l'estremo tentativo di instaurare una trattativa e innescare un incendio dilagante. La carica avventata degli Isauri trascina all'assalto tutti i reparti romani, mentre dai colli circostanti le orde barbariche calano su di loro a getto continuo: una marea inarrestabile che investirà di lì a poco la stessa Adrianopoli, in quello che sarà il giorno più lungo dell'Impero, dopo il quale niente sarà più come prima.

Quarta di copertina:
La battaglia, quella battaglia che Valente aveva prima ricercato e poi tentato in tutti i modi di scongiurare, precipitava ormai verso un esito che non avrebbe potuto risultare peggiore per i Romani: l'orgogliosa armata d'Oriente era schiantata e annientata, e i Goti trionfavano al di là di quanto avessero mai osato sperare. Ciò nonostante, i cavalleggeri di Martiniano, alcuni reparti di fanteria e parte della Guardia Imperiale continuavano a opporre un'ostinata, disperata resistenza agli attacchi incessanti dei barbari. Poi tra le file dei Romani si alzò un grido, carico di disperazione: "Salvate d'Augusto".