Commento dell'editore:
«Io, scrivendo, pensavo spesso a san Girolamo quando si era ritirato nel deserto siriaco, portando con sé in eremitaggio tutta una biblioteca. Nel deserto viveva nella sua grotta in compagnia solo dei libri, delle belve e degli scorpioni, e spesso gli pareva di essere tra fanciulle danzanti che lo distraevano. I libri erano un'oasi per la sua anima assillata, ma capì un bel giorno che queste letture, queste isole di paradiso, erano un'ulteriore tentazione, il richiamo del paganesimo. Si dedicò allora alla sola Bibbia, traducendola dall'originale ebraico. La storia che ho scritto è la medesima: la ricerca del libro risolutivo che tuttavia forse non c'è; ci sono solo fogli monchi, pettegolezzi, interferenze, torture continue e minuscole, illusioni fuorvianti; e gli stessi amati libri, pur così belli, sono falsi come le sirene. Tutto il libro si può riassumere in questi due versi che avevo pensato di mettere in exergo se non fosse troppo pretenzioso: "Io non so ben ridir com'i v'intrai,/ tant'era pien di sonno a quel punto/che la verace via abbandonai". Dove il sonno (litigioso e fatto di infinite chiacchiere in contrasto) è quello che comunemente si chiama vita di relazione sociale; mentre la verace via è tutta in isole di solitudine cerebrale, di ascesi, deposta in forma di benefica scrittura su fogli sparsi. Come dire che il paradiso è fatto di attimi, confusi in mezzo all'inferno, è fatto di assenze private, di cui spesso non ci se ne accorge; è fatto di sogni dentro ai sogni».
Ermanno Cavazzoni