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Seconda di copertina:
Se si eccettua il tentativo di una "Lectura" del 1953, fallito in sul nascere, mai Napoli si è misurata in una pubblica interpretazione della Commedia. Eppure antichissimi codici, una delle prime edizioni a stampa, una cinquantina di edizioni successive, un monumento risorgimentale al poeta in una delle sue più antiche piazze costituiscono gli incontestabili titoli della città partenopea per rivendicare un posto preminente nel culto di Dante. Se poi consideriamo i grandi meriti degli studiosi napoletani nell'ambito dell'esegesi dantesca Napoli si colloca tra i centri che maggiormente, nel corso dei secoli, hanno costantemente e proficuamente onorato Dante.
Infatti, senza menzionare gli antichi glossatori ed esegeti danteschi della nostra regione, l'età moderna deve necessariamente rifarsi a G. B. Vico se vuole intendere pienamente il valore e la grandezza della Divina Commedia. Dopo di lui e in vario modo hanno contribuito efficacemente allo studio del divino poeta Gabriele Rossetti, Carlo Troya, Luigi Settembrini, Francesco De Sanctis, Francesco Torraca, Francesco D'Ovidio, Benedetto Croce, Giuseppe Toffanin, Salvatore Battaglia, legati per origine o adozione alla nostra città.
La Lectura Dantis Neapolitana, promossa dal trecentesco monastero di S. Chiara, che è il più dantesco complesso architettonico e culturale di Napoli, si pone, quindi, sulla scia delle grandi tradizioni intellettuali partenopee e va a colmare un vuoto della nostra storia letteraria.
Lettura tenuta mercoledì 13 gennaio 1982 nella Sala "Maria Cristina" del Chiostro maiolicato di Santa Chiara in Napoli.