L'"Orlando innamorato", nato alla corte dei duchi di Ferrara, rappresenta il punto d'arrivo di due secoli di letteratura cavalleresca, ma anche il punto di partenza dell'"Orlando furioso" di Ludovico Ariosto, che ne è la scrupolosa continuazione. Rimasto interrotto nel 1494 e noto in tutta Europa (si trova anche nella biblioteca di Don Chisciotte), il poema di Matteo Maria Boiardo, basato su una lingua irregolare e coloratissima, ha però finito per essere letto soltanto nella versione regolarizzata del Berni. Così è andato perduto il suo fascino particolare, anche se in questa versione è stato molto usato nel teatro popolare dei paladini, cioè il teatro dei pupi siciliano e napoletano. Vent'anni fa, parlando con Gianni Celati, Italo Calvino suggeriva l'idea di raccontare in prosa i vecchi poemi cavallereschi italiani, per fare esercizio narrativo, e per ricollegarsi a una tradizione. Questo è il tentativo ora fatto da Celati, in un testo che è l'appassionato omaggio di un narratore moderno al mondo prodigioso dei poemi cavallereschi. Ma è innanzi tutto un racconto avventuroso e divertente, dove risuona la strana lingua di Boiardo, lo spirito popolare del teatro dei pupi, e la vena divagante e comica d'una letteratura padana tutta da scoprire.