Quarta di copertina:
Walter Regolo autore della presente opera "Manfredi di Svevia" è nato a Castelnuovo della Daunia (FG). Ha iniziato gli studi ginnasiali a Lucera ed in questa città, ricca di vestigia e testimonianze mediovali ha scoperto la grandezza dell'Imperatore Federico II tanto da scrivere e pubblicare il trattato "Io Federico II di Svevia" nel quale l'autore cerca di far conoscere in particolar modo la personalità umana e spirituale di questo grande Imperatore che a distanza di 800 anni non si riesce a dimenticare. Dallo studio di manoscritti gelosamente conservati nella biblioteca Vaticana, da quelli di Montecassino, dai manoscritti dei cronisti dell'epoca, dalla documentazione e dai resoconti della Cancelleria Imperiale, fortunatamente sopravvissuti all'onta dei secoli, emerge come, omnipresente a fianco del padre, è la figura del figlio naturale Manfredi di Svevia.
Manfredi è l'unico figlio che fin dalla tenera età è riuscito a restare quasi sempre con l'Imperatore Federico che non disdegnava a portarlo con lui, come suo collaboratore, ovunque se ne ravvisasse la necessità.
Alla morte del padre, Manfredi, rimasto fin allora eclissato dalla grandezza paterna, rileva la sua grande personalità, la sua vivida intelligenza, esprime la sua immensa cultura, mettendo in atto, con oculato sapere, nel governo del Regno, tutte le esperienze acquisite a fianco dell'imperatore. Purtroppo la lotta spietata del papato e della curia romana contro il Casato degli Haustafen, e la sua morte precoce nella battaglia di Benevento, non gli hanno dato la possibilità di attuare il suo piano politico ed evidenziare in pieno le sue capacità.
L'autore di questa opera, medico chirurgo, già primario medico e Direttore Sanitario di importanti nosocomi romani descrive, con piglio rigorosamente storico tutti gli avvenimenti della vita di Manfredi, così come si sono svolti nella realtà, facendo giustizia di tutte le distorsioni della verità, messe in atto dalla propaganda papale, per offuscare la figura di questo monarca, che altra ambizione non aveva, se non il sogno di aspirare ad un'Italia unita sotto il suo glorioso Casato.