Sintesi perfetta di latino e volgare, cultura e naturalezza, la poesia di Poliziano è il manifesto della Firenze medicea nel pieno della sua fioritura politica e culturale. Della più felice stagione artistica della nostra storia le rime polizianesche celebrano i protagonisti e cantano i temi e i miti: la vittoria nei tornei di Giuliano de' Medici, i cui fasti sono per sempre fissati nelle 171 ottave delle Stanze (1494); gli idilli di corte, sullo sfondo della rinascita primaverile o di una rituale battuta di caccia; la favola di Orfeo, prima opera di contenuto profano del nostro teatro (Mantova, 1480). Mai riducibili a un solo registro espressivo, i versi di Poliziano mescolano stili e insinuano ombre: sposano maniera e spontaneità, vestono la saggezza popolare di eleganze oraziane, cantano la trepidazione della giovinezza e il malinconico presentimento della fine. Simboli contraddittori e tradizioni a confronto: soprattutto in questo, Poliziano si fa testimone dello spirito del suo tempo.