MOSTRE: IL SEGRETO DEI SEGRETI. I TAROCCHI SOLA BUSCA E LA CULTURA ERMETICO-ALCHEMICA TRA MARCHE E VENETO ALLA FINE DEL QUATTROCENTO (MILANO, PINACOTECA DI BRERA, 13 NOVEMBRE 2012 - 17 FEBBRAIO 2013

 
Tesori nascosti di Brera
13 novembre 2012 - 17 febbraio 2013
TESORI NASCOSTI DI BRERA: TAROCCHI DEL XV SECOLO
Il segreto dei segreti. I tarocchi Sola Busca e la cultura ermetico-alchemica tra Marche e Veneto alla fine del Quattrocento
a cura di Laura Paola Gnaccolini
13 novembre 2012 – 17 febbraio 2013
 

Nel 2009 il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, esercitando il diritto di prelazione, ha comprato il più antico mazzo di tarocchi italiano completo (che è anche il più antico esistente al mondo), noto come mazzo Sola Busca dai nomi dei precedenti possessori (gli eredi Sola Busca), e l’ha destinato alla Pinacoteca di Brera, che già conservava un gruppo di 48 carte, parte di un prezioso mazzo tardo-gotico realizzato per il duca di Milano (mazzo cosiddetto Brambilla).
La mostra intende presentare questa importante acquisizione al grande pubblico, indagandone per la prima volta in maniera approfondita il contesto culturale e le possibili fonti, la complessa iconografia, arrivando così anche a precisarne la datazione e a identificare l’artista che lo ha realizzato e l’umanista che ne ha suggerito l’iconografia, aspetti tutti che non sono mai stati in precedenza sviscerati dalla critica.
Il gioco dei tarocchi, inizialmente noto come “triumphi” (la parola “tarocchi” pare sia stata introdotta per la prima volta in un documento del 1505), risulta documentato in Italia come gioco dei ceti più elevati a partire dal quinto decennio del XV secolo soprattutto in area ferrarese, dove si conservano molti documenti relativi alla fornitura di mazzi miniati o a stampa per membri della famiglia ducale, dei quali però per il momento non pare essersi conservata traccia.
Viceversa, nella totale assenza di attestazioni documentarie, in Lombardia si conservano esempi molto precoci di carte da tarocchi miniate (mazzi frammentari per le famiglie Visconti e Sforza) di cultura tardo-gotica e diverse carte giustamente famose per la loro bellezza si conservano dal 1971, come già ricordato, proprio presso la Pinacoteca di Brera. Soltanto in un secondo momento il gioco è documentato anche a Bologna e Firenze, mentre gli studiosi ancora dissentono sull’eventuale antichità o meno della tradizione veneziana.
Si trattava di mazzi destinati al gioco nelle corti, un gioco raffinato di tipo intellettuale, ben diverso dai giochi di carte praticati nelle osterie, spesso deplorati e sanzionati dalle leggi; mentre totalmente estraneo al gioco all’epoca era l’aspetto “divinatorio”, che sarebbe diventato prevalente con la scuola francese del XVIII secolo.
In questo contesto, il mazzo Sola Busca si presenta come eccezionale da tanti punti di vista. Anzitutto è il più antico mazzo completo, composto da ben 78 carte, 22 “trionfi” e 56 carte dei quattro semi tradizionali italiani (denari, spade, bastoni e coppe). Si tratta di stampe su carta da incisioni a bulino, montate anticamente su cartoncino, che sono poi state miniate a colori e oro.
In secondo luogo l’iconografia dei “trionfi” si discosta da quella più tradizionale dei mazzi quattrocenteschi, una sequenza che dal Bagatto arrivava fino al Mondo e al Giudizio Universale (Angelo), in una sorta di percorso di elevazione del giocatore dalle condizioni più legate alla terra fino a Dio. Nei tarocchi Sola Busca, invece, i “trionfi” ospitano una serie di figure di guerrieri dell’antichità romana (in molti casi legati alla saga di Mario), ovvero eroi della storia biblica, legandosi in qualche modo alla tradizione degli Uomini illustri proposti come exempla da imitare, che affondava le sue radici nella cultura medievale, da Petrarca a Boccaccio, utilizzati come fonti da molti artisti (anche se in molti casi è possibile leggere in controluce alcuni dei soggetti più tradizionali dei “trionfi”: è il caso ad esempio del Trionfo della Fortuna in Venturio.X o del Trionfo della Morte nel Catone.XIII). Ancora al tema degli Uomini illustri (apparteneva infatti ai Nove Prodi) rimanda la figura di Alessandro Magno, a cui è dedicato nel mazzo il seme di Spade. Una figura che, grazie all’episodio dell’elevazione al cielo su un carro trainato da grifoni era divenuta a partire dal Medioevo per molti signori italiani (come gli Este e gli Sforza) un simbolo dell’anelito all’immortalità.
Le maggiori particolarità a livello iconografico si riscontrano però nel seme di Denari, dove diverse carte, come si è riconosciuto per la prima volta in occasione di questo studio, alludono a fasi della coniazione (quindi un procedimento di lavorazione dei metalli) e alcune sono spiegabili solo sulla base della tradizione alchemica medievale che, come è noto, mirava alla pietra filosofale per l’ottenimento a partire dai metalli più vili dell’oro dei filosofi ovvero dell’elixir di lunga vita, se non proprio farmaco dell’immortalità almeno rimedio contro molte malattie.
Tra queste si segnalano per l’iconografia alchemica in particolare il 4 di Denari (la Terra madre dei metalli), il 5 di Denari (l’elemento maschile = l’alchimista che ingravida la terra per ottenere il lapis philosophorum, con l’utilizzo del fuoco) e il 9 di Denari (la nigredo o morte della prima materia, primo gradino del processo alchemico). Queste immagini divengono comprensibili grazie anche al confronto con la ricchissima iconografia che accompagna uno dei più preziosi codici alchemici italiani, il Raimondo Lullo (Opera Chemica) della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze (B.R.52). Nel 10 di Coppe troviamo un’altra chiave di lettura del mazzo, e cioè un ritratto di orientale che è possibile identificare, per confronto con il codice alchemico della Biblioteca Laurenziana di Firenze (Asburn.1166), in Ermete Trismegisto, indicato già dal XIII secolo come padre dell’alchimia nell’introduzione alla traduzione latina del trattato del famoso alchimista arabo Morieno. Questa figura emblematica ci consente di collegare il mazzo agli interessi ermetici degli umanisti italiani, riaccesi dalla presenza in Italia di un codice contenente quattordici dei quindici trattati del Corpus Hermeticum, che vennero tradotti in latino, come è noto, nel 1463 da Marsilio Ficino a Firenze, su incarico di Cosimo il Vecchio (col titolo di Pimander) e poco dopo dati alle stampe a Ferrara e a Treviso, con una straordinaria diffusione in tutta Italia.
Lo stile delle carte, fin qui giudicato di area ferrarese, a una più attenta analisi condotta sulla base di alcune carte sciolte dello stesso mazzo da una serie non miniata (eseguita a stampa e conservata all’Albertina di Vienna) e su diverse incisioni già avvicinate dalla critica alla stessa mano (Martirio di san Sebastiano e Ercole e Anteo di Vienna, Due donne in profilo di Berlino) ha portato, proprio in occasione di questa mostra, a identificare l’artista con il pittore anconetano Nicola di maestro Antonio, noto finora per una raffinata produzione su tavola. Della sua mano sono in mostra quattro importanti esempi che si scalano dalla metà degli anni settanta del Quattrocento alla fine degli anni ottanta: molto importante è la Pala Massimo, uscita eccezionalmente dalla cappella privata ove è conservata, che tradisce la formazione dell’artista sui testi degli squarcioneschi, da Marco Zoppo (in mostra la Testa di san Giovanni Battista dei Musei Civici di Pesaro) a Giorgio Schiavone (Madonna col Bambino del Museo Correr di Venezia), per arrivare ai raffinati grafismi di Carlo Crivelli (di cui la Pinacoteca possiede diversi importanti polittici degli anni ottanta, esposti nella medesima sala), con cui addirittura sembra gareggiare in opere come il San Bartolomeo (La Spezia, Museo Lia), le Due donne in profilo (Berlino) o molte figure dei Tarocchi.
Il profondo interesse antiquario documentato nei “trionfi” trova riscontro nella possibilità di confrontare alcuni profili delle carte con monete romane (Milano, Civiche Raccolte Numismatiche del Castello Sforzesco) e nel comune retroterra culturale con umanisti come Giovanni Marcanova e Felice Feliciano, che ugualmente uniscono cultura antiquaria e interessi alchemici.
Sempre in occasione dello studio per la mostra si è individuato come possibile ideatore del programma iconografico l’umanista Ludovico Lazzarelli, nativo di San Severino Marche, figura molto complessa di poeta e filosofo, conoscitore del greco e dell’ebraico, di alchimia e cabala (in anticipo su Pico della Mirandola), che visse a lungo nella Roma di papa Sisto IV e poi a Napoli presso re Ferdinando d’Aragona. Viene considerato dagli studiosi uno dei massimi esponenti della corrente umanistica dell’ermetismo cristiano, che mirava al raggiungimento di una conoscenza superiore grazie alla fusione di fonti classiche, ermetiche e cristiane.
Quanto alla datazione e al possessore del mazzo, ci soccorrono le iscrizioni (oggi mutile ma lette nel 1938 dallo Hind) che ricorrono su molti scudi presenti nelle carte e l’identificazione degli stemmi, ora effettuata in occasione di questo studio: il mazzo Sola Busca, probabilmente da poco stampato, venne miniato nel 1491 a Venezia con grande probabilità per Marin Sanudo il giovane, famoso storico autore dei Diarii, del quale la critica ha sostanziato di recente anche interessi in campo alchemico.
Si tratta quindi in conclusione di uno straordinario prodotto dell’umanesimo italiano nel momento di massima fiducia nelle capacità creatrici dell’uomo, in grado di utilizzare per il momento ancora senza preclusioni tutte le fonti note, letteratura classica e religiosa, e testi filosofici, ermetici, magici, alchemici, penetrando in questo modo il segreto dei segreti, allo scopo di arrivare a un livello sempre più alto di una conoscenza quasi divina. Questo percorso si compie attraverso le carte, un vero mazzo per un raffinato gioco, probabilmente usato solo nella versione a stampa (di cui infatti ci sono rimaste solo poche carte sparse in vari musei) e non per quanto attiene al nostro mazzo, che dovette essere conservato come prezioso tesoro, visto il perfetto stato in cui si trova.
Il gioco prevedeva un percorso di perfezionamento interiore che partiva dagli exempla degli Uomini illustri dell’antichità per arrivare, tramite la pratica alchemica e la conoscenza delle dottrine ermetiche, fino allo stadio di “uomini divini”, in grado di generare altre “anime divine”, in una sorta di compartecipazione alla Creazione, secondo le più moderne concezioni dell’ermetismo cristiano.
Programmata da Sandrina Bandera, Soprintendente e Direttore della Pinacoteca di Brera, con l’intento di presentare al pubblico un importante acquisto effettuato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, la mostra, prodotta in collaborazione con Skira editore, grazie all'importante sostegno finanziario del Comitato Nazionale per le celebrazioni del Bicentenario della Pinacoteca di Brera e a un contributo del Corriere della Sera, si deve all’ideazione di Laura Paola Gnaccolini, storica dell’arte della stessa Pinacoteca, specialista di miniatura e di pittura del Rinascimento.
Il catalogo, edito da Skira, contiene oltre al saggio della curatrice e le schede delle opere in mostra (redatte anche con la collaborazione degli specialisti Rodolfo Martini e Matteo Mazzalupi), un consistente contributo di Andrea De Marchi, dell’Università degli Studi di Firenze, sulla personalità del pittore anconetano Nicola di maestro Antonio, qui individuato quale autore dei Tarocchi Sola Busca.

Questa mostra è la prima parte di un importante ciclo espositivo sui tarocchi che proseguirà nel nuovo anno. Dal 20 febbraio al 7 aprile 2013, infatti, presso la Pinacoteca di Brera sarà allestita la seconda mostra dedicata all’altro prezioso mazzo del XV secolo appartenente alle collezioni del Museo, dal titolo I tarocchi Bembo. Dal cuore del ducato di Milano alle corti padane.
Il ciclo delle mostre di Brera proseguirà poi per tutto il 2013 con altre due iniziative: la prima (primavera-estate) dedicata alla collezione di autoritratti appartenuti a Cesare Zavattini e recentemente acquisiti dalla Pinacoteca; la seconda (autunno-inverno) al fondo di pittura lombarda del Seicento, conservato quasi completamente nei depositi.
Per agevolare le visite del pubblico a questo importante ciclo di mostre, e per favorire una maggiore fidelizzazione alla Pinacoteca, è stato istituito un abbonamento, al costo di 22,00 euro, che permetterà il libero accesso al Museo e alle mostre fino alla conclusione dell’ultima iniziativa programmata, e dunque fino al dicembre 2013.
 
Pinacoteca di Brera
Via Brera, 28
20121 Milano

tel. 02 722 63 264 - 229
fax: 02 720 011 40
e-mail: sbsae-mi.brera@beniculturali.it 
 

Orario di apertura:
h 8.30-19.15 dal martedì alla domenica (la biglietteria chiude alle 18.40)
Giorni di chiusura: tutti i lunedì, 1 gennaio, 1 maggio, 25 dicembre
 

Biglietto d'ingresso (comprensivo della mostra I tarocchi Sola Busca)

€   10,00   Intero
€     7,00   Ridotto
 
Abbonamento per la Pinacoteca e le mostre
€   22,00 (valido fino a dicembre 2013)
 
 
Per visionare il catalogo:
http://www.libreriamedievale.com/il-segreto-dei-segreti.html