Commento dell'editore:
I Dialoghi, composti in latino e in quattro libri, furono uno tra i più amabili, drammatici e insieme divertenti testi del Medioevo. In un'Italia invasa da Goti e Longobardi, visitata dalle pestilenze e dalla carestia, tutto era caos e tenebra. Solo i monaci restavano, "come lucerne sul candelabro che diffondono la loro luce" e in questo mondo sprofondato nella barbarie e nella superstizione compivano prodigi: risuscitando i morti e liberando gli ossessi, ma anche moltiplicando olio e vino negli orci e riparando vasi rotti. Degno di nota il quarto e ultimo libro in cui la narrazione di profezie ed eventi straordinari compiuti dai religiosi antichi e contemporanei si sussegue con un filo logico e un preciso intento: la dimostrazione dell'immortalità dell'anima.
Seconda di copertina:
I Dialoghi - dei quali, sotto il titolo appropriato di Storie di santi e di diavoli, la Fondazione Valla presenta qui il secondo volume - sono l'opera di uno dei pontefici più grandi che la Chiesa abbia mai avuto, Gregorio detto appunto Magno. Opera strana, impostata in forma di dialogo tra Gregorio e il diacono Pietro, che chiede al Papa di abbandonare il commento alla Scrittura e di raccontare l'operato dei santi perché esso "non è meno edificante dell'illustrazione biblica" e "gli esempi possono infiammare d'amore per la patria celeste più che la dottrina". Disomogenei nella struttura e negli argomenti, i Dialoghi hanno persino fatto supporre che il loro autore non potesse essere un uomo così coerente come Gregorio, ma invece un falsario del VII secolo. In realtà c'è in essi un disegno che sembra tracciare la storia di un'anima, "della caduta dell'anima contemplativa nella molteplicità e nell'esteriorità e del suo ritrovarsi nella contemplazione dell'aldilà".
Il terzo libro è ancora dedicato alle vicende dei santi e dei diavoli: si apre con la storia di Paolino da Nola, ma percorre poi le tentazioni, i miracoli, le battute di vescovi, abati, sacerdoti, religiose dell'Italia lacerata dai barbari, come se il paese, devastato nei suoi averi materiali, si rifugiasse nella quotidianità del soprannaturale. Ma con il quarto libro si passa al grande dibattito sulla sopravvivenza dell'anima al corpo dopo la morte. Il problema, dice Pietro con angoscia, è quello presentato dall'Ecclesiaste: "La sorte degli uomini e degli animali è la stessa: come muoiono quelli, muoiono questi, e il soffio vitale è uno per tutti e la superiorità dell'uomo sull'animale è nulla, perché tutti e due sono vanità, tutti e due vanno a finire nella medesima dimora, tutti e due sono usciti dalla polvere e tutti e due ritornano nella polvere". Gregorio risponde con tutta la dottrina che possiede e con una moltitudine di esempi: racconta decine di "transiti" o morti edificanti, parla di ragione e di fede, schizza la divisione dell'aldilà in inferno, "fuoco purgatorio" e paradiso, abbozza l'idea - che sarà poi dantesca - del contrappasso.
Sullo sfondo, le domande, esistenziali perché incentrate sulla realtà concreta e familiare dell'altro mondo, che domineranno l'immaginario cristiano. Cosa, esattamente, è un'anima? Che vuol dire "fuoco eterno"? Dopo la morte, le anime si riconoscono fra di loro? E i buoni nel regno dei cieli riconoscono i cattivi nell'abisso infernale?
Indice:
pag. IX Abbreviazioni bibliografiche
TESTO E TRADUZIONE
3 Conspectus siglorum
7 Libro terzo
173 Libro quarto
COMMENTO
361 Libro terzo
444 Libro quarto
513 Indice dei passi biblici
516 Indice dei miracoli
524 Indice di alcuni nomi e cose notevoli